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SPORT
Lettera
aperta alla città di Catania
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Nino Pulvirenti
La dirigenza
al completo, la squadra, i componenti lo staff tecnico e medico, i
collaboratori tutti del Calcio Catania S.p.A., dal Presidente al più piccolo
dei giovani Esordienti, invocano tutti coloro che abbiano a cuore le sorti
della nostra squadra di calcio affinché si stringano e facciano con noi
unico blocco a salvaguardia di tutto il meritevole lavoro svolto in questi
anni senza che sia stata lesinata una sola energia, un solo briciolo di
impegno e dedizione alla causa comune che ha come unico scopo il bene del
Calcio Catania. Innanzitutto, desideriamo esprimere la nostra più grande
solidarietà alla vedova, ai figli, ai familiari, agli amici ed ai colleghi
del valoroso ispettore capo di Pubblica Sicurezza, Filippo Raciti, per
onorare la memoria del quale nulla potrà essere fatto che possa ripagarne la
scomparsa e dare l’effettiva valorizzazione ai meriti che Egli ha sempre
saputo conquistarsi. Esprimiamo, inoltre, il nostro più sincero
compiacimento per la tempestività con la quale hanno operato le Forze
dell’Ordine, augurandoci al contempo che possano essere messe sempre più
nelle condizioni di svolgere al meglio il proprio lavoro per garantire la
sicurezza pubblica ed il vivere civile. La Catania sportiva sana, che
rappresenta la stragrande maggioranza dei nostri tifosi, deve stare al
nostro fianco in questa strenua contesa che tutti insieme siamo chiamati ad
affrontare, partendo da un’incessante attività di trasmissione di valori
positivi che solo tutti uniti possiamo portare a compimento. Chiediamo alle
famiglie catanesi, alle scuole cittadine, a tutte le associazioni sportive e
non, alle nostre Istituzioni, ai sostenitori rossazzurri ed agli organi di
informazione di stampa di vivere al nostro fianco questa stagione che dev’essere
quella del definitivo cambio di mentalità nell’approccio allo sport ed
all’evento sano e spettacolare che d’ora in poi dovrà essere considerata la
partita del Catania, stringendosi a noi con grande passione e coraggio. Se
siamo arrivati dove siamo lo dobbiamo a tutte le componenti richiamate sopra
e nessuno, gridiamo forte NESSUNO, potrà mai permettersi di ledere il
legittimo diritto di una Città e di una Società che tanto ha fatto per
arrivare ai traguardi attualmente raggiunti, di mantenere questi standard
qualitativi, professionali e morali che rappresentano agli occhi egli
sportivi di tutto il mondo una solida realtà sportiva (e vorremmo anche
sociale) come la nostra. Desideriamo fortemente isolare tutti quei soggetti
che si definiscono tifosi del Catania ed altro non sono che teppisti,
delinquenti, purtroppo anche responsabili di un vile assassinio.
Stringiamoci tutti, allora! Stringiamoci insieme nel tentativo di conseguire
l’obiettivo di rimanere a certi livelli, innanzitutto sportivi e sociali,
continuando lungo la strada di costruzione, consolidamento e rafforzamento
di un progetto che renda per sempre il Catania e Catania espressione di una
realtà solida, sana, punto di riferimento, nella quale fare calcio con
onestà, correttezza, senso di appartenenza morale. I progetti connessi
all’attività sportiva, che stanno per decollare, renderanno sicuramente
migliore l’intera città e daranno ad essa un immediato risalto in termini di
parametri di qualità della vita, a noi la consacrazione di tutto quanto
stiamo capillarmente organizzando, gestendo e programmando. I benefici
ricadranno sull’intera comunità sportiva e collettiva con la conseguente
creazione di nuove opportunità di lavoro per i nostri giovani. Chiediamo
solo una cosa a tutti coloro che s’identificano con il nostro progetto:
desideriamo fare calcio a Catania, gioire e soffrire con la parte sana dei
nostri concittadini. Noi non molleremo mai. Non lasciateci soli!
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Da Benetti a Gattuso….
Romeo Benetti,
Massimo Bonini, Beppe Furino, Carlo Ancelotti, Gabriele Oriali, Marco
Tardelli. Fulgidi esempi di grinta, generosità, dedizione alla maglia (o
maglie). Autentici modelli per le giovani leve: lavoro spesso oscuro, ma
utile, utilissimo. Soprattutto al gioco di squadra (il calcio è sport
d’equipe, ricordiamocelo…) ed all’esaltazione delle qualità di grandi
campioni, sgravati di incombenze di copertura. Una vita da mediani insomma.
Senza copertine, a tirare la carretta. Senza arringare il pubblico (oggi)
amico, limitandosi a godere l’applauso collettivo, non quello personale (e
partigiano) al termine di un incontro condotto da provocatore e picchiaduro.
Una vita calcistica vissuta professionalmente, senza andare sotto le curve a
baciare la maglia di oggi. Gesto che, magari, verrà ripetuto con altre (e
chissà quante) maglie. Sulla stampa, giustamente, risuonano gli
inqualificabili fallacci e le provocazioni di Poulsen, i proditori sputi di
Totti, le “spacconate” di Ibrahimovic, tutti i gesti inconsulti per
calciatori sull’orlo di una crisi di nervi. La critica censura totalmente
l’atteggiamento di questi ricchi e nervosi giocatori di calcio. Magari
dimenticando di approfondire il backstage sociologico del pedatore. La sua
storia, il suo vissuto, i suoi incontri-scontri nei campetti di periferia.
Elementi utili a capire che non si tratta di calcio, ma solo di modus
vivendi. Chiaramente da non esaltare. Così facendo si capirebbe che c’è
chi scazzotta e chi no. Chi è grintoso e chi è barbarico. Chi è Tommasi e
chi no. In un contesto che si propone comunque la giusta cassazione di gesti
e comportamenti ignobili, odiosi, volgari, diseducativi vige una deroga:
Gennaro Gattuso! L’esaltazione delle entrate al limite del regolamento,
degli atteggiamenti da provocatore, delle sue inconsulte e ruffiane corse
verso la curva, risulta incomprensibile. L’atteggiamento di Gattuso,
neutralmente e pacatamente valutato, non è per amanti dello sport. E
soprattutto del gioco cavalleresco: ci si incontra, ci si scontra, anche un
po’sopra le righe. Ma alla fine ci si stringe la mano e tutti a casa. Nel
rispetto delle regole e della dignità, propria ed altrui. L’atteggiamento di
un calciatore che ringhia in faccia ad arbitro ed avversari, non
commette un banale fallo, ma lo cerca, come cerca il contatto rude e
intimidatorio, anche a gioco fermo, riporta alla mente i bulli delle scuole
medie inferiori, i gonzi che si fanno forti solo della loro forza, i
minacciosi, i rissosi dei brutti spaccati di vita quotidiana. Non certo un
bell’esempio. I bei voti sui giornali, i titoloni, danno alla testa. Le
parole “non banali” tese a far passare il calcio degli altri (vedi Scozia)
come lo sport della pedata (non certo al pallone…). Le frasi “pesanti”, non
“banali”, dette in conferenza stampa alla ricerca di consensi. Elementi
utili solo a costruire un personaggio. Che, ad onor del vero, riesce a
mostrare umanità nei confronti di chi sta male veramente. Ma cò che esalta
l’uomo, non riabilita il calciatore. Non certo un esempio di grinta, come si
vorrebbe far credere. Non certo di quella grinta di cui si parlava a
proposito dei grandi mediani di un tempo, neanche troppo lontano. Basta
rivedere le immagini di Milan-Juventus o di Milan-Shalke 04. Basta
attenzionarsi sulle continue provocazioni e spinte agli avversari (per far
capire chi comanda in campo…), basta guardare l’insulso festeggiamento
finale in faccia a Poulsen (non uno stinco di santo certo, ma non meritevole
del deplorevole gesto del “grande” Ringhio). Si tratta di grinta o di
machismo al limite del bullismo? Da Rivera a Baresi. Da Baresi a Maldini. Da
Maldini a Gattuso…Cara dirigenza rossanera: scongiuralo! E, oggi,
censuralo. Andrea Nuzzo |
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